Angela Cavalli nacque a Scordia il 5 dicembre 1913. Il padre era un insegnante. La sua non breve vita fu segnata da un’intensa attività ecclesiale e socio-politica. In un periodo in cui alle donne era precluso il diritto di voto, la chiesa rappresentava, per una giovane della piccola borghesia di provincia, il luogo dove più agevolmente si poteva soddisfare il desiderio di vita pubblica. Non si sposò per scelta: in un contesto in cui i ruoli maschili e femminili erano fortemente segnati, agli uomini l’impegno pubblico alle donne l’ambito della vita familiare, non era possibile per una donna coniugare la passione per la socialità e la politica con gli affetti. Il suo impegno cominciò da giovanissima, durante il ventennio fascista, nelle organizzazioni femminili dell’Ac. Il suo attivismo ecclesiale destò il sospetto dei gerarchi locali che la condannano al confino. La sanzione non le venne comminata, perché minorenne e perché la Federazione provinciale del Fascio comprese che sarebbe stata controproducente. Restò tuttavia controllata a vista, come altri dirigenti dell’Ac diocesana del tempo. Non ebbe il sostegno dei preti, che scelsero per lo più la via del silenzio accomodante. Negli anni duri del conflitto mondiale e del dopoguerra, organizzò con le giovani di Ac una Cucina economica: si raccoglievano legumi, pasta, patate, olio per dare un pasto caldo giornaliero alle famiglie povere. Il 2 giugno 1946 si batté per la Repubblica, assieme a mons. Gaetano Pernice, segretario di Don Sturzo. Ma la loro posizione fu isolata negli ambienti cattolici locali, apertamente schierati per la monarchia. Dopo la guerra aderì alla Dc, nel clima rovente dello scontro con il Fronte popolare. Proseguì frattanto l’impegno ecclesiale: negli anni Cinquanta fu presidente diocesana e delegata regionale dell’Ac. Nel 1956, in particolare, nella parrocchia di S. Giuseppe, in collaborazione con mons. Marroncello, nacquero diverse iniziative – un asilo, un cinema, una filodrammatica, una scuola popolare per adulte analfabete e, al passo con i tempi, persino una sala per la televisione – che diedero vita ad un vero e proprio laboratorio di idee dal quale uscirono non pochi esponenti della stessa classe dirigente locale. Nel partito divenne delegata provinciale e regionale del Movimento femminile, e quindi consigliere nazionale. Ma fu osteggiata da correnti interne alla Dc, che mal tolleravano la sua dirittura morale. Nel 1963 la sua candidatura alla Camera dei Deputati non fu adeguatamente sostenuta: ricette oltre 24.000 voti ma non le furono sufficienti. Le stesse resistenze incontrò alle amministrative del 1964: risultò la prima degli eletti, legittimandosi a diventare Sindaco di Scordia, ma l’Amministrazione fu fatta cadere da franchi tiratori. Per compensarla delle mancate elezioni, le proposero la carica di vice presidente della provincia di Catania, che rifiutò, anche se poi riconobbe che forse avrebbe potuto avere uno spazio istituzionale per poter attuare le sue iniziative di promozione sociale. Nonostante le delusioni, non cessò l’impegno politico nell’ombra, ritirandosi solo quando ebbe la consapevolezza che, nonostante la sua buona volontà, cominciava a venire meno l’incisività della sua azione e lo stimolo al cambiamento. Si dedicò quindi totalmente all’attivismo sociale ed alla pratica della solidarietà: i giovani e i poveri furono al centro della sua attenzione. A lei si deve la costituzione nel 1988-89 della sezione Avis di Scordia, di cui fu il primo presidente. Fondò l’associazione Super omnia caritas e spese le sue energie e le sue risorse economiche per la realizzazione dell’ultimo suo progetto: la Casa di riposo S. Andrea, operativa dal 1997. Morì a Scordia il 6 gennaio 2001.