La Via della Bellezza. La Via della Salvezza

È ormai possibile ammirarlo!
Ma non si deve guardarlo con gli occhi della pura ammirazione estetica, altrimenti si finisce per fermarsi a un livello solo superficiale, per quanto assolutamente interessante.
Il grande mosaico absidale della nuova chiesa parrocchiale della Madonna della Via presenta interessanti spunti di riflessione teologica e molteplici punti di contemplazione del mistero della redenzione. Anzitutto l’Odigitria (Madonna della Via).
È collocata alla sinistra di chi guarda l’abside, in una posizione d’onore, su sfondo d’oro, a indicare la partecipazione alla gloria di Dio; ed è anche nell’atto di scendere verso l’aula, come a volersi fare compagna del cammino degli uomini nella loro storia, per guidarli e condurli a Cristo. È raffigurata, secondo tradizione, come Colei che indica la Via, Cristo suo Figlio, il quale è il Verbo incarnato che porta sulla terra il Logos (che è Egli stesso), rappresentato da un piccolo rotolo che reca sulla mano sinistra. Maria è la prima redenta e in Lei si può già contemplare il frutto della redenzione: l’umanità (il manto azzurro) è stata rivestita della divinità (il manto rosso).
Al centro della parete absidale, il rotolo si apre: il mistero di Cristo, vero Dio (fascia colore rosso) e vero uomo (fascia colore blu) dischiude la “Via” della salvezza, in orizzontale e in verticale. Infatti, è quella che va dal Getsemani al Sepolcro vuoto la via che lo stesso Signore Gesù ha percorso, dalla sofferenza alla morte/risurrezione. Ed è la via che ogni uomo deve percorrere, per non smarrire il senso della vita e per superare ogni difficoltà e ogni paura.
Il Cristo all’orto del Getsemani è raffigurato in preghiera (su una roccia a forma di calice), mentre l’angoscia lo assale e suda sangue. Sulla gradinata dell’ambone, l’angelo della risurrezione, che indica il sepolcro vuoto, annunciando la vittoria pasquale di Cristo. Lungo questa via, l’incontro nel giardino tra Gesù Risorto e Maria di Magdala, che, afferratolo, cerca di trattenerlo; ma Egli indica con la destra il Padre (che nei cieli ha la sua abitazione preziosa, rappresentata dalla luminosità e dall’oro della parte culminante del mosaico), la vera meta della via della salvezza.
Interessante il rapporto luce/tenebra con cui è espresso visivamente il mistero della redenzione: il Cristo sofferente ha come sfondo il buio, il nero, mentre il Risorto si staglia sull’oro del trionfo della luce pasquale.
Lo stesso rapporto, in maniera speculare, lo si ritrova espresso nella parete della penitenzieria (il luogo dove si celebra il sacramento della penitenza). Si tratta di una sorta di appendice necessaria, nel senso del bisogno di essere riammessi a percorrere il cammino della salvezza quando si sperimenta lo smarrimento del peccato. Il Cristo Risorto, Buon Pastore che conosce le pecore e dà la vita per esse (il suo volto quasi si fonde con quello della pecorella smarrita) si carica sulle spalle le nostre iniquità e le nostre sofferenze e ci riporta nell’ovile, restituendoci al Padre. È rappresentato come Colui che è sollecito nel venire incontro all’uomo (è come se scendesse dalla parete), per farlo uscire dalle tenebre e ri-orientarlo alla luce.
Il mosaico “dialoga” con le “stelle polari” dell’aula liturgica (altare, ambone e battistero), in uno straordinario ordine compositivo che, già di per sé, è in grado di comunicare, attraverso il linguaggio simbolico, il senso dell’appartenenza cristiana e lo stupore di sentirsi “rapiti” dal mistero di Dio, per contemplarlo fin da quaggiù come somma e perenne Bellezza.

don Antonio Parisi