“Verso il secondo centenario della Diocesi. Come una sposa adorna per il suo sposo”. È stato questo il tema dell’Assemblea pastorale diocesana che si è tenuta all’auditorium del Seminario di Caltagirone il 28 settembre. «Il 2° centenario dell’erezione della diocesi calatina, che celebreremo nel 2016», ha detto il vescovo mons. Peri, spiegando la scelta del tema, «sarà un evento sponsale a cui la nostra Chiesa deve prepararsi come le vergini prudenti con la lucerna accesa». Facendo il punto sul cammino intrapreso, le cui tappe sono state: la verifica della situazione ecclesiale effettuata nelle varie realtà della diocesi; lo studio e la rielaborazione del materiale prodotto; il convegno del 20-22 giugno scorso, il vescovo ha presentato il fascicolo che raccoglie le linee guida dell’azione pastorale futura. «Esse vanno riprese, approfondite e rielaborate; vanno “mentalizzate”: un piano pastorale non è infatti un programma, ma una proposta di vita cristiana», attraverso la quale la comunità diocesana si interroga «non tanto sul cosa fare, ma sul come fare per potere incarnare il vangelo nel vissuto di ogni giorno».
Si tratta di un progetto culturale, di inculturazione della fede, non nel senso intellettualistico del termine, ma nel suo senso più autentico di “coltivare” il seme evangelico donatoci nel battesimo, in modo che possa fermentare tutta la nostra vita, trasformandola dal di dentro. Si spiega così la scelta di partire dalla famiglia come “soggetto, oggetto e metodo” della pastorale diocesana: non tanto la scelta di un contenuto, quanto di una metodologia che metta al centro le relazioni, sul modello di quelle familiari. Una Chiesa famiglia di famiglie, dunque, in cui vi siano relazioni «non occasionali, ma stabili, continue e soprattutto cordiali, inteso quest’ultimo termine nel senso originario: relazioni in cui ci si mette il cuore». La famiglia diventa pertanto modello di un vissuto umano che viene trasportato e trasformato in vissuto di fede, speranza e carità.
Scommettere sulle relazioni vuol dire puntare su relazioni redente centrate sul vangelo, «riscoprendo la storia della nostra Chiesa come il luogo dove Dio ci ha manifestato il suo amore». Tutti siamo padri, madri, figli, fratelli; ognuno di noi è coinvolto a più titoli e con più ruoli in una rete relazionale familiare, che, se riportata nella Chiesa e vivificata dalla carità si fa rete comunionale. «È la comunione che precede sempre la comunicazione», altrimenti il messaggio che passa non è il vangelo di Cristo, ma la logica del mondo. Educandoci alle relazioni autentiche nella vita intra ed extraecclesiale ed improntandole ad un clima familiare, potremo riscoprire la paternità e la maternità, vincendo la tentazione dell’autorità; la figliolanza che ci libera dall’obbedienza servile; la fraternità che purifica i rapporti dall’opportunismo e dall’interesse. Tutto ciò non può essere frutto di improvvisazione, né tantomeno di spontaneismo o sentimentalismo: c’è una dinamica educativa in cui la Chiesa si fa compagna della crescita dei suoi figli. Formare i formatori è un compito e una responsabilità ineludibile a cui nessuno si può sottrarre: la scuola teologica di base, che aprirà i battenti in ottobre nei 4 centri di Caltagirone, Grammichele, Ramacca e Scordia, è un’occasione formativa preziosa che non va sprecata o disattesa. Il cammino prospettato è arduo, le mete difficili, ma anche esaltanti. Concludendo il suo intervento, Mons. Peri ha invitato a pensare in grande, a non accontentarsi dello status quo, del quieto vivere pastorale: «Occorre dunque non tanto fare per fare, ma fare per cambiare; non basta solo un passo in avanti, bisogna fare un salto di qualità».
Chi fa un passo resta con i piedi per terra; chiudendosi in una logica pragmatica ma meschina; chi salta ha il coraggio di alzarsi da terra, gettandosi in un’avventura rischiosa ma entusiasmante. Proiettata verso il suo secondo centenario ed il terzo Sinodo diocesano, la Chiesa di Caltagirone è chiamata ad innalzare il tenore delle sue relazioni ecclesiali, purificandosi dai rapporti superficiali e banali: il bene non è mai banale, lo è il male, come recita il titolo dello splendido libro di Hanna Arendt.
Giacomo Belvedere