Carissimi presbiteri e diaconi,
carissimi fratelli e sorelle
dell’amata Chiesa di Caltagirone,
il Signore vi dia pace!
La nostra Diocesi si appresta a celebrare alcuni avvenimenti che sono molto significativi per la sua vita, e che possono diventare una bella occasione di revisione e di crescita personale e comunitaria. Infatti, mentre continuano le attività e le iniziative, che normalmente si svolgono nelle comunità parrocchiali della nostra Chiesa diocesana, ci sono all’orizzonte tre appuntamenti, che abbiamo pure inserito nella programmazione del Piano Pastorale Diocesano del decennio 2011-2020 “Come una sposa adorna per il suo Sposo”, perché diventino eventi importanti per la nostra vita di fede.
Nel mese di ottobre c.a. inizierà, come già sapete, la Visita Pastorale del Vescovo, la mia prima visita alla Diocesi; nel 2016 celebreremo il secondo centenario della erezione della nostra Chiesa diocesana, avvenuta il 12 settembre del 1816. E a seguire, nei tempi e nelle modalità ancora da precisare, vorremmo finalmente celebrare il terzo Sinodo della nostra Chiesa, a suo tempo già preparato, che poi, per sopravvenute circostanze, non si è più celebrato.
Ognuno di questi tre avvenimenti, preso in se stesso, ha la sua importanza e il suo significato ben preciso. Se poi li consideriamo nel loro insieme e in successione, acquistano un ulteriore e più profondo senso. Perché, questi tre appuntamenti rappresentano un modo completo per attenzionare tutta la vita della nostra Chiesa, nei suoi diversi aspetti: per studiare il suo passato, analizzare il suo presente e programmare il suo futuro. Infatti, con la visita pastorale sarà possibile avere una fotografia dettagliata dello stato della nostra Diocesi; con la celebrazione del secondo centenario inevitabilmente passeremo in rassegna questi due secoli di storia; con il Sinodo metteremo in cantiere il futuro della nostra Chiesa. Naturalmente e in diversi modi, questi tre avvenimenti si intrecceranno tra di loro, ma nel loro svolgimento ognuno di essi manterrà la sua specificità. La successione, secondo cui avverrà questo percorso, non sarà dal passato verso il futuro. Ma inizierà con la visita pastorale, poi seguirà il secondo centenario dell’erezione della Diocesi e infine la celebrazione del Sinodo diocesano.
LA VISITA PASTORALE
Mentre abbiamo ancora un po’ di tempo per preparare e preparaci al secondo centenario e al sinodo, è ormai tempo di incominciare a dare qualche indicazione più precisa per la visita pastorale.
L’annuncio ufficiale della mia Prima Visita Pastorale sarà dato giorno 20 marzo c.a. durante la Concelebrazione Eucaristica che terremo in Cattedrale alle ore 18, nel 2° anniversario della mia consacrazione e inizio di ministero episcopale.
È evidente a tutti che la visita pastorale è un atto molto importante nella vita di una Diocesi. Sebbene impegnativa e faticosa per il vescovo, per quelli che lo accompagnano e lo collaborano, per le comunità parrocchiali che si devono preparare, è l’occasione più importante che egli ha per una conoscenza profonda e completa della Diocesi, del suo vissuto, della sua reale e quotidiana condizione. Per questo è necessario che sia preparata e accompagnata dalla preghiera intensa e insistente a Dio, datore di ogni dono e di un cuore nuovo. Invito pertanto ognuno a mettere un’intenzione particolare di preghiera per questo scopo. Perché dal cuore di ogni credente, e da quello della comunità diocesana tutta intera, salga un’orazione continua a Dio, perché ci faccia vivere la visita pastorale come un momento di grazia e di benedizioni.
Quale tema conduttore dalla visita pastorale, che ne mostri il contenuto, il metodo e la finalità, ho pensato all’icona evangelica che apre il vangelo di Marco con l’annuncio dell’avvento del Regno di Dio: “il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete al Vangelo” (Mc 1,15).
Tre momenti mi sembra scandiscono questo annuncio. L’attenzione alla situazione concreta nella quale viviamo; l’iniziativa di Dio nella nostra storia; e la nostra risposta: che cosa dobbiamo fare per accogliere e corrispondere a questo invito di Dio.
Il tempo è compiuto
Il tempo e lo spazio in cui viviamo, ci richiamano la concretezza dentro cui si svolge la nostra esistenza. Ma principalmente il tempo, in maniera del tutto particolare, ci ricorda che non ne siamo padroni, che il suo svolgimento non è in nostro potere, mentre, invece, siamo noi dentro il suo mistero. Ma ci ricorda anche e principalmente che, all’interno del tempo, Dio opera il mistero della nostra salvezza. Perché Dio si è fatto sempre più presente dentro le sue dinamiche, fino ad incarnarsi per condividere la nostra condizione e così poterci introdurre definitivamente nella sua vita e nel suo dinamismo. Con la venuta del Signore Gesù, il tempo non è più il luogo dell’attesa ma del compimento, della realizzazione, per noi e per tutti.
Per questo dobbiamo anche chiederci che cosa significhi concretamente per noi che il tempo è compiuto. Fondamentalmente che non possiamo più rimandare il nostro incontro con Dio. Che non possiamo più rinviarlo. Che non possiamo disattendere l’appuntamento che dentro la storia Egli ci ha dato. Perché se dentro la storia lungamente e faticosamente è maturato il tempo dell’attesa, ora gioiosamente siamo dentro quello della pienezza, dell’incontro e del compimento. Inviterei ciascuno a considerare quali sono i segni, le indicazioni, le parole, gli avvenimenti, con cui Dio si è reso presente nella nostra vita per ricordarci che dobbiamo fare sul serio con noi stessi e con lui. Non c’è più tempo per tutte le dilazioni, mentre è rimasto solo il tempo della responsabilità e dell’impegno.
Se il tempo è compiuto, significa che Dio vuole completare in me l’opera sua, quella che ha iniziato nell’eternità e che ora vuole completare nel tempo. E siccome Dio condiziona sempre il suo intervento alla nostra libertà, e si sottomette pazientemente alla nostra accoglienza, ci chiede che cosa ne vogliamo fare della sua proposta di salvezza. Infatti, conseguenza di questa condizione che si è venuta a creare per ciascuno di noi, è che il Regno di Dio, cioè Dio stesso, è vicino, è diventato ancora più prossimo ad ognuno di noi. L’impostazione della mia vita personale, di quella parrocchiale, di quella sociale, politica, testimonia che io vivo consapevole di poter contare sulla vicinanza di Dio? Come vivo, come declino concretamente nei miei giorni, nei miei pensieri, nelle mie scelte, anche nei miei stati d’animo, che ormai ci siamo, perché il tempo è compiuto e Dio è presente? E che pertanto non debbo più aspettare e neppure debbo più farlo aspettare?
La visita pastorale dovrà mettere in movimento dentro ciascuno, dentro le parrocchie, dentro tutta la Chiesa diocesana, la coscienza di un nuovo modo di vivere la vita, di leggere la storia, di guardare la realtà, di attraversare le prove, di aspettare il futuro. Si deve incominciare a vedere che non viviamo dentro un tempo qualsiasi, e soprattutto si deve percepire che ci stiamo dentro in compagnia di Colui che, per amore inspiegabile, si è fatto nostro samaritano.
Il tempo è compiuto, ma il mio tempo è anch’esso un tempo compiuto? Il Regno di Dio è vicino, ma posso affermare che è vicino, anzi, che è arrivato nella mia vita, nei miei pensieri e nel mio cuore? Le risposte a queste domande ci impegnano a fare delle scelte chiare, e a perseguirle con convinzione, personalmente e comunitariamente.
Convertitevi
La risposta a questi interrogativi fondamentali non può restare teorica ed astratta. Non può essere un sì generico e sterile. Deve avere delle ricadute forti sulla nostra esperienza. Deve produrre dei frutti dai quali si vede e si riconosce a chi abbiamo dato credito, a chi ci affidiamo e di chi ci fidiamo veramente nella vita. Questa è la conversione fondamentale che dobbiamo operare dentro e attorno a noi. È il cambiamento di mente, di cuore, di tutto. È la metanoia. È la rivoluzione copernicana che detronizza il nostro io, che scardina le radici del nostro egoismo, che mette al centro Dio e gli permette di darci un cuore di carne e di operare la nostra salvezza. La conversione non è soltanto un momento, quello iniziale, di un percorso che lentamente ci lasciamo alle spalle, ma una componente che deve accompagnare ogni passo e tutto il nostro pellegrinaggio. È chiedersi costantemente che cosa può e deve significare che oggi mi debbo convertire, devo cambiare registro, devo fare spazio a Dio e ai fratelli dentro di me. Cosa comporta che non devo mettere pezze, ma chiedere e preparare otri nuovi per il nuovo vino, e un vestito da festa per sedermi alla mensa di Dio. Basta pensare che è Gesù, che oggi ripete questo a noi, con la stessa forza con cui un giorno lo diceva in Galilea, per non trovare scuse o per pensare che non ci riguardi personalmente.
Il proposito che tutti dobbiamo perseguire è che la visita pastorale inauguri un nuovo tempo di conversione, un vero processo di trasformazione profonda e diffusa in tutti. Che ognuno torni a chiederlo a Dio, che tutti insieme ritorniamo a chiederlo per noi e per tutta la nostra Chiesa, con convinzione, con perseveranza, con serietà e con impegno. Altrimenti la visita pastorale rischia di diventare un tempo di autocelebrazione, per contarci, per dire e dirci quanto siamo bravi, quanto siamo migliorati e migliori degli altri. Come il pubblicano al tempio battiamoci il petto, chiediamo a Dio di avere misericordia di noi peccatori, per ritornarcene perdonati e convertiti. Convertitevi! Sulla bocca di Dio non è un consiglio, un’indicazione di vita tra le altre. È un imperativo, un comando, che racchiude l’urgenza e la necessità di farlo, di farlo subito e di farlo io. Questo imperativo di Dio, dobbiamo impegnarci a farlo diventare l’urgenza e l’imperativo principe della nostra vita. Altrimenti, ancora una volta abbiamo perso l’opportunità che Dio ha predisposto per ciascuno di noi e per la nostra Chiesa.
Credete al Vangelo
La conversione alla quale ci invita il Signore non è fine a se stessa. È semmai la condizione prima e indispensabile per credere. Per credere a Dio, per credere al suo amore, per credere alla sua vicinanza, per credere alla sua salvezza. La nostra fede apre e orienta sempre la nostra vita su Dio. Su Colui di cui non esiste nulla di più buono o migliore. L’unico necessario, l’unico indispensabile nella vita. Credere al Vangelo, come ci comanda Gesù, è credere in Lui, credere all’amore del Padre, credere all’amore che il Padre in Lui ha manifestato e ci ha manifestato. Il Vangelo per noi non è un libro, o i quattro libri, è innanzitutto una persona, è la persona di Gesù, che nella fede riconosciamo come Dio, come Figlio del Padre e come nostro fratello. Infatti per noi non c’è altro Vangelo che non sia Cristo Gesù, lieto annuncio dell’amore del Padre per tutti noi. Che ce l’ha dato totalmente e senza condizioni, che ce l’ha dato senza calcoli, senza nessun tornaconto. Solo per l’amore più grande che si possa pensare, o per l’amore che più grande non si può neppure pensare.
Il comando di credere al Vangelo, ci mostra che alla fine l’unico problema o l’unica soluzione nella nostra vita è costituito dalla fede. Perché senza la fede tutto diventa problema, mentre con la fede tutto diventa risposta e soluzione. Infatti, l’apprezzamento o il rimprovero, Gesù lo faceva e lo fa alla fede che abbiamo o che non abbiamo. Con la fede c’è sempre una soluzione, senza la fede invece, non esiste una via di uscita. Perché la nostra fede, se non è così grande da spostare le montagne, è sempre capace di cambiare noi, la nostra prospettiva, il nostro approccio alla realtà e ai problemi. Infatti la fede, quale prospettiva inedita che Dio ci offre, principalmente lavora su di noi prima che sulle cose. La visita pastorale ha dunque il compito insostituibile di incoraggiare e sostenere, nella vita dei credenti e delle comunità parrocchiali, percorsi autentici di fede e di fedeltà al Signore.
Da questa icona biblica, dalla quale ci vogliamo lasciare guidare nello svolgimento di questa visita pastorale, dovrebbero scaturire delle scelte concrete e durature. Mi permetto di suggerirne qualcuna, lasciando poi alle parrocchie la libertà e l’iniziativa di adattarle alle persone e di attuarle nei diversi contesti.
La nostra vita è poggiata sulla tua Parola
È quanto mai urgente rimettere o, secondo i casi, mettere effettivamente al centro della nostra vita cristiana la Parola di Dio e quindi Gesù Cristo. A partire dalla considerazione che la Parola di Dio è, sotto ogni punto di vista, il soggetto e il contenuto di una vita autenticamente cristiana. Perché fa nascere, in quanto creatrice, la vita di Dio in noi; trasforma con la sua potenza il cuore e la mente anche se fossero di pietra; alimenta e sostiene con il suo vigore il corpo di Cristo che siamo noi. Tutto questo però dovrà tradursi in una serie di iniziative che veramente facciano ruotare la vita dei credenti e della comunità cristiana attorno alla Parola di Dio. E sappiamo che la tradizione cristiana, ogni qual volta ha voluto rinnovare e rimotivare i credenti, è sempre ripartita dalla Parola di Dio. In quanto sulla Parola di Dio si fonda, si alimenta e si sviluppa, in ogni tempo, la vita, secondo Dio, di ogni cristiano. Per questo i momenti più alti e luminosi della storia della Chiesa, sono direttamente proporzionali all’attenzione che essa ha avuto per la Parola di Dio, sia nella sua prassi liturgica che in quella sacramentale, pastorale e catechetica.
Espressione concreta di questa rinnovata attenzione e centralità che vogliamo dare alla Parola di Dio, in occasione di questa visita pastorale, affinché la possiamo preparare bene e possiamo portare frutti che rimangano, dobbiamo far sì che tutti, o almeno ogni famiglia, abbiano la Bibbia. Non per tenerla in una libreria, o impolverata in qualche angolo della casa, ma per leggerla, studiarla, meditarla, scrutarla. E per raggiungere questo scopo, ogni comunità parrocchiale dovrà creare tutta una serie di opportunità, corsi biblici, lectio, preparazione alla liturgia domenicale, lettura guidata, continua, ecc. ecc., per accostare abitualmente ogni credente all’incontro con Dio attraverso la sua Parola.
Un’altra scelta dovrebbe essere la scommessa della fede, la scommessa per un profilo alto, fondato, autentico della vita cristiana. Perché alcune volte abbiamo a che fare con una religiosità sentita, profonda, partecipata, ma abbastanza vaga e indefinita, appoggiata sul sentimento o addirittura sul sentimentalismo. Incentrata su pratiche, manifestazioni, esteriorità, ma che alla fine non tocca e non mette in discussione l’assetto profondo della nostra vita. Non è radicata su quella spada a doppio taglio della Parola, che giunge fin nelle giunture profonde del nostro essere e del nostro agire. Da qui scaturisce la necessità di ripensare e di trasformare la prassi di preparazione ai sacramenti in autentici percorsi di fede. Ripensando la catechesi perché non sia solo occasionale, discontinua, o un lasciapassare ai singoli sacramenti. Mi riferisco ad una programmazione completa, che coinvolga ed orienti verso una fede più matura tutti gli aspetti della vita di una comunità parrocchiale. Oltre il catechismo e la catechesi, si deve prestare attenzione alla liturgia, affinché le celebrazioni non siano solo decorose, impeccabili, ma che abbiano un’anima, una vita e una vitalità capaci di coinvolgere gioiosamente tutti nella lode del Signore.
La domanda che pesa su tutti noi e sull’intera storia degli uomini: “Quando il Signore tornerà, troverà la fede? ” è un monito che non possiamo non prendere nella sua disarmante provocazione. È una domanda che i singoli, le comunità, la Chiesa tutta intera, deve porsi in prima persona. Se il Signore viene, trova fede in me, trova fede in questa parrocchia, in questa comunità, in questo movimento, in questa associazione, in questa confraternita, in questo gruppo, trova fede in questa Diocesi? O trova soltanto fedeli! E nella risposta non possiamo e non dobbiamo dare nulla per scontato, altrimenti ci sottraiamo al delicato compito di prendere con serietà la Parola di Dio.
Un terzo suggerimento vorrei offrirlo in riferimento al Vangelo. Cioè a quella apertura verso il positivo, verso la speranza, verso la gioia, verso quella buona notizia per la nostra vita che può venire solo da Dio. Che per nostra fortuna non dobbiamo conquistarci, ma semplicemente e convintamente accogliere in noi, per poi regalarla agli altri. Mi chiedo sempre se con quello che annunciamo agli altri, e come lo annunciamo loro, e soprattutto con la testimonianza di vita che offriamo, al di là delle parole che sono tante, riusciamo a comunicare tutta la bellezza, la bontà, il bene, il benessere, e in questo senso la “convenienza” di credere al Vangelo, di seguire Gesù Cristo, di fidarsi e affidarsi a lui?
Non sono del tutto convinto, con tutte le belle eccezioni di ogni generalizzazione, che, con tutto quello che diciamo e che facciamo, alla fine riusciamo a mostrare il volto bello del Signore, il gusto incomparabile della sua esperienza, la forza di attrazione che Egli può esercitare sul nostro cuore, il calore che può accendere dentro di noi e lo smalto che può dare alla nostra vita. Dovremmo seriamente interrogarci perché? O perché, invece, della nostra proposta passa la pesantezza, la stanchezza, l’insignificanza, e alle persone arriva tutt’altro, al punto che esse sentono il disinteresse, non solo per noi in quanto Chiesa, ma a volte anche per Dio. Forse perché prima di mostrare quello, e quanto di buono e di bello Dio offre loro, gli presentiamo quello che gli richiede o che gli chiediamo noi. O forse perché prima di accoglierli senza condizioni così come sono, e come fa sempre Dio, pretendiamo che capiscano, che sappiano, che facciano quello che anche noi, ancora dopo tanto tempo, non abbiamo capito del tutto, e non facciamo coerentemente. Non si tratta di accomodare la radicalità del Vangelo o di privarlo della sua forza dirompente, ma di non travisarlo in quanto proposta di libertà e di liberazione, di pace e di gioia, di misericordia e di perdono.
La prassi di Gesù, alla quale la Chiesa e pure noi dobbiamo ispirarci, mette in primo piano la misericordia e il perdono, l’accoglienza e la fiducia, il cuore e le intenzioni, il dono e il prendersi cura, il versare l’aceto ma anche l’olio sulle ferite. Mette in conto la gradualità, il rispetto, la promozione, la fiducia e poi tutto il resto. Noi, invece, abbiamo sottoposto Dio e il suo Vangelo sempre a qualche condizione previa, a qualche o molte regole. Non facendo giustizia al fatto che Egli è Dio, e non ragiona e non si comporta come gli uomini. Che a noi non ha demandato il compito di giudicare e di condannare, questo lo ha riservato sempre e in ogni caso a se stesso, quanto di perdonare ed amare. Così come Dio ha fatto e farà, sempre in ogni circostanza e per qualunque peccatore, che Egli vuole sempre ricuperare, e che noi, invece, frettolosamente diamo per spacciato.
TERZA PEREGRINAZIONE DIOCESANA DI MARIA SS. DEL PONTE
Fratelli, valutando queste esigenze, che ci vengono direttamente da Dio e dal suo Vangelo, ci sentiamo piccoli piccoli e inadeguati. Ma non per questo dobbiamo scoraggiarci. Semmai dobbiamo rinnovare la nostra fiducia in Colui che è venuto per chiamare i peccatori, per guarire i malati, per rialzare chiunque è caduto, per scarcerare i prigionieri e addirittura per risuscitare i morti. Cioè, è venuto per coloro che non hanno più nessuna possibilità per provvedere alla loro speranza e debbono solo confidare in lui.
Abbiamo, però, dalla nostra parte Maria, Madre di Dio e madre nostra, che proprio in questo rapporto di fiducia con Dio ci vuole offrire un incoraggiamento e un sostegno. Lei è un modello ideale, distante dal nostro peccato e dalle nostre fragilità, ma al quale dobbiamo sempre e tutti ispirarci. Lei ci mostra come credere e custodire la Parola, come meditarla e conservarla nel cuore, perché anche in noi porti frutto e si faccia carne per amore. Per preparare il nostro cuore all’incontro con il Signore, abbiamo pensato di riportare Maria in mezzo a noi, perché continui il suo pellegrinaggio nei luoghi della nostra Diocesi. Per questo, dopo le due precedenti Peregrinazioni Mariane, del 1949 e del 1988, indette rispettivamente dai miei venerati predecessori S. E. Mons. Pietro Capizzi e S. E. Mons. Vittorio Mondello, indiciamo la Terza Peregrinazione Mariana Diocesana.
Anche questa volta sarà l’icona della Madonna del Ponte che verrà a visitarci in tutti i comuni della Diocesi. È l’icona che ci ricorda che Maria è apparsa in mezzo a noi, e che si è voluta manifestare nel quartiere più umile della nostra città, nel giorno in cui la Chiesa celebrava la sua Assunzione in cielo. Certamente per sottolineare che la via della santità è per tutti, ed è possibile a tutti attraverso la vita in Cristo e nello Spirito. Pertanto essa ci riproporrà, come ha fatto fin dal 15 agosto del 1572, anno della sua apparizione nella città di Caltagirone nel rione del Ponte, il suo messaggio con il quale ci invita a convertirci e a fare sinceramente penitenza. Maria ci ricorda che la sola via ordinaria per incontrare Dio è quella dei Sacramenti. Non è un caso che in quella occasione, come mettono in luce le fonti storiche, potevano vedere la sua immagine riflessa nella fonte, quanti erano in grazia di Dio, perché senza peccati gravi, o quanti si accostavano al sacramento della Riconciliazione per liberarsene. Ribadendo con questo che vivere i Sacramenti ci permette di vedere con gli occhi della fede il mondo dello Spirito, che altrimenti ci resta del tutto invisibile.
L’indizione della Terza Peregrinazione Diocesana sarà Sabato 11 febbraio c.a., nella memoria liturgica della Madonna di Lourdes, durante la Concelebrazione Eucaristica delle 16,30 alla Madonna del Ponte per la Giornata Mondiale del Malato. La Peregrinazione Mariana inizierà dopo Pasqua da Domenica 15 Aprile al Sabato 16 Giugno, festa del Cuore Immacolato di Maria, secondo un calendario dettagliato che verrà reso noto quanto prima.
Stiamo lavorando perché la Peregrinazione inizi visitando per primo il Centro Accoglienza Richiedenti Asilo (CARA), o “Villaggio della solidarietà” di Mineo, che dall’oggi al domani è diventato il 16° comune della nostra Diocesi. Vorremmo che Maria, nel suo pellegrinaggio, portasse, attraverso una cultura di accoglienza convinta e l’impegno operoso di tutti noi suoi figli, un messaggio di speranza, di solidarietà, di fiducia a questi nostri fratelli. Essi hanno lasciato il terrore alle spalle e vivono nella più grande incertezza per il futuro.
In occasione di questa Peregrinazione ho pensato, per sottolineare maggiormente il messaggio di amore e di prossimità che Maria porterà a tutti noi, visitando la Diocesi, di aggiungere nella preghiera del Rosario i “misteri della Consolazione” e i “misteri della Misericordia”. In allegato troverete indicati, dopo una breve introduzione sulla preghiera del Rosario, i diversi temi biblici di questi Misteri. Penso che nella Chiesa, a dispetto dell’urgenza che se ne avverte, manchi un vero e proprio “ministero della consolazione”, provocando la ricerca spasmodica di quei tanti surrogati, tra validi, fasulli e pericolosi, anche da un punto di vista economico, che questo bisogno provoca su larga scala.
Per quanto riguarda la Misericordia, c’è in giro una crescente sensibilità, che ritengo abbia bisogno di essere riportata continuamente a quel suo fondamento biblico, per evitarne tutte le derive devozionistiche ed occasionali. Il Signore, da parte sua ci ricorda: “misericordia voglio e non sacrificio”. Ma vuole che il nostro amore e la nostra misericordia siano modellati sul suo amore fino alla croce, e sulla sua misericordia senza misura e senza esclusioni.
Una Peregrinazione di fede e per la fede
Siccome a partire dal 11 ottobre il Papa Benedetto XVI ha indetto per tutta la Chiesa l’anno della fede, in accordo con questo invito, abbiamo scelto, quale messaggio di questa Terza Peregrinazione Mariana, la risposta che S. Elisabetta rivolge al saluto di Maria quando andò a trovarla: “Beata colei che ha creduto all’adempimento di ciò che il Signore le ha detto” (Lc 1,45).
Vogliamo, infatti, chiedere a Maria di farci crescere nella fede; di aumentare la nostra fiducia nel Signore e nella sua Parola; di guidarci nei sentieri difficili della vita; di renderci discepoli fedeli dell’unico Maestro; ascoltatori attenti di Colui che ha per tutti noi parole di vita eterna. Maria, Madre e modello della Chiesa, ci insegni a lasciarci guidare dallo Spirito Santo, sia quando sappiamo come e che cosa fare, sia quando non sappiamo dove andare. E quando la proposta di Dio supera la nostra intelligenza e ci sembra superiore alle nostre forze, che anche noi ci possiamo abbandonare, come Lei, alla sua volontà e al suo progetto, pronunciando senza riserve il nostro: “Eccomi”. E così avvenga anche di noi secondo la sua Parola.
Il pellegrinaggio della Madre di Dio attraverso i comuni della nostra Diocesi, verrà scandito da tre appuntamenti fonda-mentali che poi si concluderanno con la consacrazione a Maria.
Il Primo giorno sarà dedicato all’accoglienza del simulacro della Vergine. Accogliendo Lei, vogliamo pure accogliere chiunque giunge e bussa alle nostre porte, perché nessuno si senta estraneo e forestiero in mezzo a noi. E questa accoglienza, per la presenza nella nostra Diocesi di tanti immigrati in cerca di lavoro, e anche per la presenza Centro Accoglienza Richiedenti Asilo (CARA) di Mineo, deve essere vissuta con spirito di disponibilità e di carità cristiana da parte di tutti.
Il secondo giorno avrà un’impronta penitenziale, per vivere personalmente e comunitariamente l’impegno sincero a cambiare vita e a convertirci totalmente a Dio e ai fratelli. In modo tale che il sacramento della Riconciliazione che celebriamo in chiesa, sia l’impegno di tutti a vivere nel mondo, come discepoli del Signore.
Il terzo giorno sarà dedicato alla famiglia e alla carità, per richiamare la scelta della centralità della famiglia, operata dalla nostra Chiesa nel suo Piano Pastorale Diocesano. Così potremo meglio sensibilizzarci tutti alla logica dell’amore: logica di Dio e logica del Vangelo, che sempre deve guidare i nostri pensieri e il nostro agire. Perché in mezzo a noi, ognuno si senta accolto, rispettato, amato, e perché, come nella Chiesa nascente, non ci sia nessuno nel bisogno. E in considerazione delle attuali difficoltà economiche che tante famiglie attraversano, dovrà essere un gesto concreto di solidarietà, di condivisione e di giustizia con chi vive nel disagio.
Solo con queste disposizioni e soprattutto con questi impegni, che vogliamo prendere con l’aiuto di Maria e dinanzi al suo simulacro, ha senso consacrarci a Lei, per consacrarci a Dio. Altrimenti rischiamo di svuotare del suo vero significato questo atto di consacrazione e di ridurlo ad una semplice formalità folkloristica.
Sono certo, fratelli e sorelle, che se accoglieremo in spirito di fede la Vergine Maria pellegrina in mezzo a noi, accoglieremo il suo Figlio Gesù, accoglieremo la santa Trinità. Perché dove c’è veramente Maria, non può non esserci anche suo Figlio, non può non esserci il Padre che ce l’ha donata, e lo Spirito Santo che l’ha adombrata con la sua potenza. A Lei chiediamo con forza di convertirci al suo Figlio, di farci ascoltatori della sua Parola, per fare quello che Egli ci dirà. A Lei chiediamo il dono di una fede adulta e coerente, per non perdere mai la bussola in mezzo alle prove della vita. E allora, ancora una volta, come già è accaduto, sorgerà per la nostra Diocesi, come Stella, la giustizia e la speranza. Perché tutti, con vivissima gioia possiamo sempre camminare alla sua luce.
A Maria pellegrina in mezzo a noi, vogliamo affidare particolarmente gli appuntamenti diocesani che ci attendono prossimamente, perché possano diventare per tutti un’occasione propizia per orientare decisamente la nostra vita a Dio.
A Lei affidiamo la mia Prima Visita Pastorale che inizierà nel mese di ottobre c.a. a partire dalle comunità parrocchiali di Mineo. Che sia per tutti il richiamo del Signore buon pastore che ci invita a verificare e rilanciare la nostra fedeltà alla sua voce e alla sua sequela.
A Maria vogliamo affidare anche la preparazione del secondo centenario della nostra Diocesi. Perché questo anniversario del 2016, risvegli le migliori energie e la tradizione più bella che la nostra Chiesa ha conosciuto in questi 200 anni. Con l’augurio che attraverso e oltre le celebrazioni esteriori, si possa rinsaldare lo spirito di comunione e di Chiesa nella nostra comunità diocesana.
Infine a Maria vogliamo affidare anche il desiderio di celebrare il Terzo Sinodo Diocesano, per discernere comunitariamente, guidati dallo Spirito Santo, la strada che il Signore ci suggerisce, per camminare più speditamente verso di Lui e verso i fratelli. A Maria chiediamo di indicarci ancora una volta cosa possa significare per noi, qui ed ora, seguire il suo Figlio Gesù che è, ieri, oggi e sempre, la via, la verità e la vita, per noi e per tutti.
A Maria, pellegrina in mezzo a noi, vogliamo elevare, soprattutto con il cuore, la nostra corale preghiera, perché ci aiuti ad obbedire e a seguire Gesù Cristo, suo Figlio e nostro Salvatore:
Maria Santissima del Ponte,
Vergine eletta e benedetta,
Figlia e Madre di Dio,
Sposa dello Spirito Santo,
a te che sei pellegrina in mezzo a noi,
ci rivolgiamo con l’amore
e la confidenza dei figli,
perché ci indichi,
per Cristo, con Cristo e in Cristo,
la via di una sincera conversione,
e poter camminare alla sua sequela,
nella giustizia e nella pace.
Aiutaci ad essere fedeli a Dio Padre
e a fare la sua volontà.
Insieme a te vogliamo proclamare
la sua misericordia, e le grandi cose
che compie in noi per amore.
Maria, Vergine fatta Chiesa,
Madre del nostro Salvatore
e Fratello Gesù Cristo,
tu che hai fatto del tuo corpo
un ponte tra cielo e terra,
tra l’uomo e Dio,
tra il santo e il peccatore,
donaci la tua fede per confessare
che Gesù Cristo è il Signore.
Maria, Tu fonte sigillata d’acqua pura
e difesa contro il male,
donaci il tuo Figlio Gesù,
sorgente d’acqua viva
che zampilla per la vita eterna.
Tu, discepola del tuo Figlio,
mettici alla scuola del Maestro
che è via, verità e vita.
Tu, che sei la Madre del Redentore
e la Madre nostra,
ascolta la preghiera
di questa nostra comunità di…
che a te, gioiosamente, si consacra.
A te, con la fiducia, ci affidiamo,
perché tu ci custodisca da ogni male,
e sotto la tua protezione possiamo
vivere nella giustizia e nella pace.
Al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo,
ogni lode, gloria e benedizione,
nel tempo e nell’eternità.
Amen.
Caltagirone 2 Febbraio 2012
Festa della presentazione di Gesù al Tempio
+ Calogero Peri OFM Capp.
Allegato
I MISTERI DELLA CONSOLAZIONE
La recita del Rosario è celebrazione orante della Parola di Dio. È meditazione litanica dei misteri della nostra salvezza. È ricomprensione credente della nostra vita alla luce di Dio-Amore. È ascolto, mai completato, di quello che Dio ci vuole comunicare, per realizzare la pienezza della nostra gioia e trasmetterci la sua pace, che nessuno e nessuna cosa possono mai toglierci. È Vangelo di vita e di speranza per la vita di ora e per quella futura. Buona notizia e soluzione per tutte le esperienze che siamo chiamati ad affrontare. Tuttavia, tanta nostra sofferenza, assieme a quel profondo dolore che spesso graffia il nostro cuore, è privo di consolazione e manca di prospettive. O almeno, è privo della consolazione veramente consolante di Dio. Eppure, in tutto il suo parlare, non manca mai il suo grido, con cui vuole consolare e consolarci: “Consolate, consolate il mio popolo! Gridate al cuore di Gerusalemme che è finita la sua schiavitù”. (Is 40,1) Ma purtroppo quella del dolore e della disperazione ancora dura.
Nel Rosario, nella preghiera mariana per eccellenza, vogliamo esternare tutta la nostra sofferenza e chiedere la fine di ogni schiavitù. Vogliamo chiedere l’apertura del nostro cuore alla consolante attesa dell’intervento di Dio. Vogliamo sperimentare che la nostra preghiera è sempre rivolta al “Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione, il quale ci consola in ogni nostra tribolazione perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione con la consola-zione con cui siamo consolati noi stessi da Dio. Infatti, come abbondano le sofferenze di Cristo in noi, così, per mezzo di Cristo, abbonda anche la nostra consolazione”. (2 Cor 1,3-5). Che nella nostra vita abbondino il dolore e la paura, lo sappiamo tutti e lo subiamo potentemente fino all’inverosimile. Ma che, allo stesso tempo, possa abbondare anche la consolazione di Dio, lo vogliamo chiedere e sperimentare nella preghiera. Lo vogliamo chiedere a Maria e con Maria. Lei che è la prima esperta nel soffrire, che è piena di grazia, come lo è anche di dolore profondamente in tutta la sua vita. Specialmente sotto la croce di suo Figlio e dei suoi figli, da quando li ha avuti affidati come madre e come figli, da suo Figlio.
Il Vangelo ci offre diverse circostanze in cui Gesù si adopera per consolarci. Fine che Egli persegue in tutta la sua vita e con tutte le sue forze. Non solo per questa vita terrena, ma anche in vista di quella futura con la promessa dello Spirito Consolatore. E siccome la consolazione non può essere astratta, ma sempre rivolta a qualcuno, sia come singolo, sia come gruppo, oggi Dio questa sua consolazione la vuole attualizzare per ciascuno di noi e per tutti. Nella scelta dei cinque misteri della consolazione si è voluto mantenere l’equilibrio tra il Vangelo della consolazione annunciato a singole persone e quello offerto a gruppi o a tutti.
Meditiamo con fede e con speranza la consolazione del Signore, che Egli ci vuole dare, più di quanto noi siamo disposti a chiedere.
MISTERI DELLA CONSOLAZIONE
1° Mistero
Gesù consola il vecchio Simeone e il suo popolo (Lc 2,25-35)
2° Mistero
Gesù consola la madre vedova del ragazzo morto (Lc 7,11-17)
3° Mistero
Gesù consola i discepoli nella notte della tempesta e della paura (Lc 8,22-25; Mt 14, 22-33)
4° Mistero
Gesù consola Marta e Maria per la morte del fratello Lazzaro (Gv 11,1-44)
5° Mistero
Gesù consola i discepoli di Emmaus (Lc 24,13-35)
PRESENTAZIONE DEI MISTERI
1° Mistero: Gesù consola il vecchio Simeone e il suo popolo (Lc 2,25-35)
È il mistero che ci presenta Gesù, fin dall’inizio, quale consolatore, e che qualifica tutta la sua missione quale consolazione. Scioglie dalla paura questo vegliardo carico di anni, e lo riempie di fiducia, pure per l’ultimo suo viaggio. E per questo regala ai suoi occhi la luce vera, quella che illumina i suoi passi e quelli di ogni uomo e di tutte le genti.
2° Mistero: Gesù consola la madre vedova del ragazzo morto (Lc 7,11-17)
Questo intervento mette a fuoco l’unica consolazione che possiamo ricevere quando qualcuno muore e soprattutto ci muore. Quando lo strazio è tale e tanto, che non può essere, o non vuole essere consolato. Solo lui si può accostare al nostro dolore, soltanto Gesù può toccare e fermare l’incedere inarrestabile della morte e del suo trionfale corteo. Egli ha sempre il potere di restituirci vivo ciò che noi piangiamo morto o come morte.
3° Mistero: Gesù consola i discepoli nella notte della tempesta e della paura (Lc 8,22-25; Mt 14, 22-33)
È la consolazione di cui tutti e sempre abbiamo bisogno, per la vita, per la tempesta e per la notte. La nostra vita. infatti, è sempre un passaggio all’altra riva, fatto spesso nella paura, nella notte e nella tempesta. Non temete: sono io! Non temete: ci sono io. Non temete sono ancora io, e soprattutto sono per voi. La consolazione della fede, alla quale Egli ci invita, ci sostenga nel prenderlo sulla nostra barca e nel prendere il largo.
4° Mistero: Gesù consola Marta e Maria per la morte del fratello Lazzaro (Gv 11,1-44)
Con questo mistero chiediamo la consolazione del Signore che ci rassicuri che la morte è un sonno, quando per noi è invece la fine. Perché possiamo continuare a coltivare la speranza nella vita e nella risurrezione, quando per noi sono rimaste solo le lacrime. Perché possiamo credere che chi crede in Cristo Gesù è già passato dalla morte alla vita. Che Egli non è mai in ritardo rispetto alla nostra premura, perché quando arriva ha sempre la possibilità di svegliare i suoi amici e di restituirceli. Perché egli piange e soffre per quelli che piangiamo anche noi, ma solo perché li ama quanto e più di noi e non perché non ci sono più. Perché con la sua parola onnipotente e con la sua fiducia nel Padre, che sempre ci ascolta, invece di farci versare lacrime di fronte ad una tomba, ci può fare dare le spalle alla morte. Perché quando tutto è in disfacimento, la nostra fiducia e pure il nostro corpo e il nostro cuore, egli ci può restituire tutto e tutti liberi dalle bende della morte, e da qualsiasi catena. Tuo fratello vive! Egli lo ripete a ciascuno di noi per qualunque motivo noi piangiamo e soffriamo.
5° Mistero: Gesù consola i discepoli di Emmaus (Lc 24,13-35)
Negli occhi, nella voce, nelle considera-zioni, nei pensieri, e soprattutto nel cuore, di questi due discepoli di Gesù sulla via di Emmaus, la delusione c’è tutta. E inoltre la decisione e la direzione, di voltare le spalle, di prendere le distanze e di allontanarsi da Gerusalemme, racconta bene la fine della loro illusione e la pienezza del loro scorag-giamento. Ormai inseguono solo la voglia di voltare pagina. Di non pensare più a quella speranza e a quella fede che, seguendo il loro maestro, li aveva portati fin sotto la croce, dove lo avevano visto miseramente morire come tutti. E mentre loro pensavano che Gesù fosse il solo estraneo in questa loro disavventura, il solo ad averli miseramente illusi e delusi, Egli in persona camminava con loro. Si faceva compagno della loro rassegnata tristezza, per riportarli, attraverso la Parola che egli aveva adempiuto, alla speranza e a Gerusalemme.
È la consolazione di Dio per chi ha preso, credendo a ragione, la direzione sbagliata. È la consolazione che Egli ci indica nella disponibilità ad ascoltare e scrutare la Parola. È la consolazione che i suoi discepoli possono trovare nel calore di relazioni ritrovate, quando spezzano il pane, attorno alla mensa, in sua memoria. È la consolazione della sua risurrezione, che egli offre, quale risposta e soluzione, a tutti. A coloro che, per qualunque motivo, hanno affrontato il dramma del venerdì santo e il silenzio di un sabato che sempre gli segue. È la consolazione che Maria ha custodito e conservato nel suo cuore sotto la croce, per ridonarla oggi ai suoi figli, che Cristo le ha consegnato prima di donarci il suo Spirito.
I MISTERI DELLA MISERICORDIA
1° Mistero: Gesù incontra la Samaritana al pozzo di Giacobbe (Gv 4,1-42)
2° Mistero: Gesù va in cerca della pecorella smarrita (Lc 15,4-7)
3° Mistero: Gesù annuncia la misericordia del Padre che accoglie il figliol prodigo (Lc 15,11-32)
4° Mistero: Gesù perdona la donna adultera e chi ha molto peccato (Gv 8,1-9; Lc 7,36-50; Gv 21, 15-19)
5° Mistero: Gesù accoglie il ladrone in Paradiso (Lc 23,39-43)
PRESENTAZIONE DEI MISTERI
1° Mistero: Gesù incontra la Samaritana al pozzo di Giacobbe (Gv 4,1-42)
In questa Samaritana al pozzo di Giacobbe c’è una donna, la donna, l’antico e nuovo popolo d’Israele, una comunità credente, la Chiesa, ogni peccatore e peccatrice, ciascuno di noi, tutti, oggi e sempre. È in lei ci sono tutte le storie di pregiudizi e di degrado, di sogni infranti e di delusioni accumulate. C’è la fatica di elemosinare ad ogni giorno, e a un prezzo altissimo, una possibilità di vita e di sopravvivenza. C’è la dura realtà che ti costringe a cercare e trovare qualche goccia d’acqua nel deserto assolato della vita. Ma c’è anche la sorpresa di uno straniero, con il quale normalmente non corre buon sangue, che ha l’umiltà o la sfacciataggine di chiederti da bere. C’è soprattutto la sorpresa di uno strano povero, che mentre ti chiede un po’ d’acqua, ti promette, con la sua sola stanchezza, sorgenti d’acqua viva che zampillano per la vita eterna. Strano per davvero, che egli si faccia pezzente per dare. Fuori di ogni logica, che da ricco che è e che era, si è fato povero per noi. Perché oltre ad avere sete d’acqua, ha gran sete di tutti noi, inguaiati dalle nostre disavventure e da molti pregiudizi. E dove normalmente tutti gli altri ci mettono il giudizio e la condanna, egli ci ha messo solo il suo amore. E così, nella sua misericordia senza limiti, ha accolto la nostra e tutta la miseria. È una storia sorprendente, fatta solo di amore, dono, perdono e misericordia. Fatta a misura nostra e del nostro bisogno.
2° Mistero: Gesù va in cerca della pecorella smarrita (Lc 15,4-7)
Strana la logica e la matematica di Gesù: lasciare l’ovile delle pecore buone per andare a cercare quella discola; abbandonare le novantanove per cercarne una; fare più festa per un solo peccatore che si pente e non per tutti gli altri giusti che non hanno bisogno di fare penitenza. Forse, però, ci sembra strano perché, in cuor suo, ognuno pensa di essere lui quell’unico giusto, l’unico che non è come gli altri. Ma se quell’uno che si perde sono io, se quello per cui è disposto a fare gran festa sono io, se quello che va a cercare in ogni posto, e ad ogni costo, sono io, allora è vero amore e sola misericordia.
Che Vangelo, che notizia sconvolgente, poter contare su un Dio che non si rassegna a perdermi. Che fa di tutto: per cercarmi, per trovarmi, per riportarmi all’ovile. E per risparmiarmi la fatica della strada, mi mette pure sulle sue spalle. Ben altro dei rimproveri che ci meritiamo e che ci aspettiamo. Ben altro di come noi trattiamo chiunque si trovi in difficoltà o abbia sbagliato. Non sette volte o settantasette volte, ma una sola volta. La verità è una sola. Egli non ci tratta mai secondo i nostri peccati, ma sempre secondo la sua misericordia. Sarebbe giusto se egli ci trattasse duramente, lo meriteremmo per i nostri peccati. Ma egli ha scelto di essere giusto in altro modo, perché, invece di considerare il nostro peccato, tiene presente solo la sua misericordia. Per questo ci ha sempre cercato, e continuerà a cercarci ancora e sempre.
3° Mistero: Gesù annuncia la misericordia del Padre che accoglie il figliol prodigo (Lc 15,11-32)
Se per noi i comportamenti di Gesù sono strani, non lo sono meno quelli di suo Padre. Il quale, senza fare troppe storie, si lascia convincere, e dà una parte dei suoi beni al figlio minore. Glieli dà pur sapendo che, a proposito di garanzie, non era assolutamente messo bene. E non si sbagliava. Perché, a suo figlio, è bastato poco tempo per sciupare tutto. Fu sufficiente che gustasse un poco di libertà o di libertinaggio per sperperare ogni cosa. Soprattutto la sua vita, che il Padre fiduciosamente gli aveva messo in mano. Non rassegnandosi, però, a vivere di stenti e neppure con i porci, con i quali si litigava per strappare loro le ghiande, fece un ragionamento che aveva poco di pentimen-to, di sincerità e di ravvedimento. Era, al contrario, del tutto interessato. Interessato a vedere come poter sfruttare la sua condizione di figlio nella casa di suo Padre. Una volta anche sua, ma che ormai, per eredità, sarebbe andata tutta a suo fratello maggiore.
Con questi pensieri si incamminò verso casa. E suo Padre invece di rimproverarlo, di pretendere le scuse, gli corse incontro, lo abbracciò, se lo coccolò tutto. E addirittura, dimenticando tutto, diede ordine di fare una grande festa, perché aveva riavuto suo figlio sano e salvo. Ma il colpo di scena era dietro l’angolo. Infatti, anche il figlio maggiore non voleva entrare in casa, in quanto non perdonava suo padre che aveva perdonato suo fratello. E qui tocchiamo la verità di questa storia: del figlio minore che sperpera i suoi beni, di quello maggiore che si credeva giusto, e soprattutto di questo Padre che sta nei cieli. La verità è semplice, per un motivo o l’altro noi figli pensiamo di stare meglio fuori casa, anche se non è così e non potrà mai essere così. Quello che ci salva da questa deriva è la misericordia di questo Padre. Che ci ama, ci perdona, più di quanto possiamo pensare ed immaginare. E anche quando noi non lo consideriamo Padre, egli ci tratta sempre come Padre e come figli. Ecco perché questa non è la parabola di Dio Padre che ha dei figli scapestrati e altri con la testa a posto, è la Parabola di Dio che per far festa coi suoi figli in casa sua, si deve sempre e per tutti scomodare e andare a cercarli fuori.
4° Mistero: Gesù perdona la donna adultera e chi ha molto peccato (Gv 8,1-9; Lc 7,36-50; Gv 21, 15-19)
È sempre meglio, anche per noi, cadere nelle mani di Dio che in quelle degli uomini. Perché gli uomini hanno già le pietre in mano per toglierci di mezzo. Così volevano continuare a fare con quella donna che avevano scoperto in flagrante adulterio e che avevano condotto davanti a Gesù, per accusarla e condannarla a morte. Ma per quella donna, come per la pubblica peccatrice che aveva molto peccato e che tutti disprezzavano, egli invece, aveva soltanto molto amore, molta compassione, tanta misericordia e solo perdono. Chi potrebbe condannare è solo Dio, che è giusto, mentre nessun uomo può condannare perché è peccatore come gli altri e come tutti. E invece Dio non condanna, mentre gli uomini peccatori, sono sempre disposti a farlo con tanta leggerezza e accanimento.
Per nostra fortuna restiamo sempre e solo di fronte alla sua misericordia, con la quale egli ci offre un immeritato supplemento di fiducia e di incoraggiamento, per andare in pace e non peccare più. Che conquista se questo profumo della misericordia, ben più prezioso del nardo che la donna rompendo il vasetto sparse per tutta la casa, potesse riempire la Chiesa e il cuore di ogni credente in Cristo. È il vangelo della misericordia, di cui tutti abbiamo bisogno e che poi con tanta difficoltà siamo disposti a dare. Ma forse è su questo versante che si gioca la scommessa della nostra credibilità quando ci presentia-mo agli altri e al mondo. Con la misericordia questa scommessa sicuramente si vince, ma in assenza, è una sconfitta senza appello. La partita contro il nostro peccato Dio non la vince con la severità e la legge, ma con l’amore e il perdono. Non imputando a noi le nostre colpe, che abbiamo commesso e che ci condannerebbero.
5° Mistero: Gesù accoglie il ladrone in Paradiso (Lc 23,39-43)
Pure o soprattutto sulla croce, Gesù ribadisce la logica vincente della misericor-dia. Quando si sta per chiudere fondamen-talmente in perdita la sua missione su questa terra, per il rifiuto che l’ha portato a morire sulla croce, la sua ultima scommessa è ancora sull’amore e il perdono per i peccatori. A quel ladrone, che aveva perso tutto nei suoi giorni e ora anche la vita sulla croce, Gesù, pure lui al capolinea della vita qui in terra, senza fare consuntivi o bilanci, gli offre, anzi gli regala, il Paradiso. Senza rimandi gli annuncia: “Oggi sarai con me in Paradiso”.
Ce ne vuole per parlare di paradiso in quell’inferno di dolore e di violenza, che ancora oggi si perpetua e si ripresenta nelle malattie, nelle violenze, nell’odio, nelle guerre e nelle più assurde atrocità. Eppure Gesù continua a credere e scommettere sull’amore e sulla misericordia. Continua ad aggiornarne la misura e la qualità, perché possa abbracciare tutto e tutti. Perché, anche dalla croce ci ha voluto ribadire che, all’amore e alla misericordia appartiene l’ultima parola. Ma solo quando l’amore, come il suo, come la sua misericordia, non hanno misura. Solo se, come lui ha fatto amando fino a dare la vita sulla croce, si è disponibili a perdere tutto e a perdersi, pur di non perdere nessuno.