Nel libro “Il Piccolo principe” di Antoine De Saint-Exupéry la relazione viene intesa come “creazione di legami”. L’idea del legame rimanda all’immagine della corda che unisce le persone collegandole tra loro e trasformandole da singole individualità, in un sistema dinamico ed interattivo originale, frutto dell’interazione fra le persone, una “creazione nuova”. La corda rimanda anche all’idea della perdita della possibilità di muoversi da solo, di vagare in libertà; il legame costringe ad andare allo stesso passo, alla stessa andatura, a superare i contrasti e ad accordarsi se si vuole raggiungere una stessa meta, altrimenti si rischia di non poter mai iniziare il cammino, né tantomeno raggiungere un traguardo.
È questa presunta perdita di libertà che, a mio avviso, spaventa l’uomo del nostro tempo e gli impedisce di provare la voglia di creare legami stabili e duraturi. L’idea di legarsi a persone e di farlo “per sempre”, di assumersi la responsabilità della cura dell’altra persona, di “perdere il proprio tempo” per coltivare l’amicizia con l’altro, in un periodo in cui, oltre che il “pensiero debole”, vige anche la tentazione del “legame debole”, induce una sorta di paura che paralizza la naturale propensione ad interagire con le persone; piuttosto che regalarsi il piacere e la gioia derivante dalla costruzione di sane ed equilibrate relazioni, l’uomo pur essendo un “animale sociale”, rinuncia a coltivare la sua più caratterizzante dimensione esistenziale, per non affrontare quella parte di sacrificio e di dedizione che comporta l’incontro con gli altri.
Se la ragione profonda della creazione di relazioni è quella di dare significato alla nostra vita, non bisogna dimenticare che il legame ha bisogno di alcuni elementi che lo rendono tale: il tempo, la conoscenza, il rito, la gratuità, la responsabilità.
Sono questi alcuni degli “ingredienti” che possono rivitalizzare le relazioni in ambito associativo, ecclesiale e sociale.
Il tempo: darsi tempo e dare tempo, è l’aspetto decisivo nella costruzione della relazione, se non si è disponibili a “perdere tempo” con l’altro non si può guadagnare tempo; forse, ci vuole più tempo per fare qualcosa insieme, ma la si fa bene e meglio.
Anche in ambito politico e sociale il pretesto della mancanza del tempo può diventare il nemico della ricerca del bene comune, può generare individualismi pericolosi che possono trascendere in forme di autoritarismo più o meno subdolo.
La conoscenza: è l’altro elemento fondante della capacità relazionale; la conoscenza implica la disponibilità all’ascolto, l’umiltà di accogliere i punti di vista differenti, le emozioni, i pregi e i difetti delle altre persone; la conoscenza presuppone la disponibilità ad acconsentire che l’altro possa cambiarmi, modificarmi, arricchirmi. Allora è importante non fermarsi alla scorza, ma scendere in profondità, cogliere “ciò che è invisibile agli occhi” (cfr “Il Piccolo Principe”)
Il rito: la cura dei legami interpersonali implica la ripetizione di gesti e di parole che rafforzano la solidità della relazione. I gesti affettuosi, le parole che esplicitano il volersi bene, gli incontri, le telefonate, i messaggi, le feste… sono esperienze che, in modo cadenzato e ciclico, devono opportunamente ripetersi; non è vero che conta solo la “qualità” nelle relazioni, se non vi è un’opportuna “quantità” di occasioni e di modalità per entrare in contatto, la cosiddetta “qualità” non potrà neanche esprimersi.
Anche un legame associativo o ecclesiale non può essere costruito in modo adeguato se non vi è la ritualità dell’incontro settimanale o quindicinale, o se non si ripetono ciclicamente determinate attività che caratterizzano la vita associativa: il ritiro spirituale, la giornata mensile di fraternità, la festa per i compleanni dei membri del gruppo e così via…
Anche nella vita sociale, il rispetto di determinate abitudini diventa occasione di rafforzamento dei legami sociali: una comunità cittadina o nazionale celebra le proprie feste religiose o civili, fa memoria storica degli avvenimenti del passato che hanno caratterizzato la sua storia, si incontra ritualmente negli spazi della città per discutere di se stessa e del suo futuro.
La gratuità: la relazione si nutre di “amore” disinteressato, il tentativo di impossessarsi dell’altro, di asservirlo per il raggiungimento dei propri scopi, di utilizzarlo strumentalmente per accrescere la propria forza e il proprio consenso sono meccanismi presenti sia in ambito associativo ed ecclesiale, che socio-politico; si corre il rischio di creare corporazioni, gruppi e sottogruppi, partiti e correnti in lotta l’uno contro l’altro, dove la ragione degli scontri, più che nella differenza delle idee, nasce dal confronto dei rapporti di forza tra le persone e dal diverso potere di influenza che si vuole ottenere.
La responsabilità: è bello, ma anche impegnativo, percepirsi responsabili per sempre delle relazioni che si stabiliscono fra persone, ogni incontro può diventare occasione per assumere in carico gli altri o, per meglio dire, per dividere insieme i carichi che la vita pone.
Il rinnovamento delle relazioni sociali, allora, passa da un percorso di rivitalizzazione, sia in ambito associativo ed ecclesiale, che in ambito sociale, della dimensione della collegialità e della partecipazione sociale, come idee-guida da contrapporre all’individualismo e al narcisismo esasperato che la società dei consumi impone alle coscienze.
È importante, allora, che nei nostri gruppi si riscopra sempre più la dimensione della relazionalità e che essa non venga mai data per scontata, anzi, attraverso percorsi formativi di tipo esperienziale, si interiorizzi l’idea che l’educazione alla vita buona del Vangelo passa, innanzitutto, dalla capacità di saper stare insieme, di sentirsi gruppo, di progettare, in modo cooperativo, azioni di crescita personale e di cambiamento sociale.
Sabrina Mancuso, Psicologa e Dirigente scolastica I Circolo Didattico Caltagirone