Una mongolfiera innanzi a noi pronta a volare. Solo le zavorre a tenerla per terra. E noi? Eravamo anche noi pronti per quel volo o – come la mongolfiera – le zavorre ci tenevano fissi al suolo? Ecco da dove siamo partiti noi giovani di AC per il ritiro spirituale che si è tenuto tra il 17 e 18 marzo nella campagna parrocchiale di S. Pietro. Guardando alle nostre zavorre, ai nostri pesi, ai nostri limiti, sempre davanti a quella mongolfiera, ci siamo chiesti cosa ci tratteneva giù. La mongolfiera è fatta per alzarsi in cielo, ma noi? La risposta a queste domande sarebbe venuta solo alla fine di quei due giorni. “Vocazione” è stata la parola che ci siamo trovati innanzi, senza capire perché stesse lì davanti a noi. Ognuno ha dato quante più definizioni possibili per meglio chiarirla a sé e ai compagni di viaggio, ma adesso posso dire che davvero avevamo le zavorre a tenerci fermi e ad impedirci di alzare lo sguardo. Così, in ginocchio davanti a Gesù eucaristia, abbiamo cercato di liberarci di queste, consegnandole proprio a quella mongolfiera che volando le avrebbe simbolicamente portate via. Quindi, come quella consegna che Gesù fa ai piedi della croce dicendo alla madre “Donna, ecco tuo figlio”e a Giovanni “Ecco tua madre”, anche noi ai suoi piedi abbiamo “ricevuto qualcuno” diventando custodi nella preghiera di una persona dello stesso gruppo. Così si è conclusa la prima delle due giornate. In silenzio, in riflessione, in preghiera. Il giorno dopo, il tempo per la prima volta non ha fatto da padrone, come invece accade giornalmente, e ognuno ha avuto a disposizione ore di deserto per meditare su sé stesso e su tutto ciò che aveva ricevuto il giorno prima. “Per strada”, lungo la via del deserto, quasi come Gesù nei suoi 40 giorni, ci siamo lasciati guidare dalla Parola: ci fermavamo infatti – ognuno con i propri tempi e secondo la propria volontà – davanti a delle tappe, create per noi, in cui vi erano salmi ad aspettarci, icone, testi e anche parte del messaggio di Quaresima del nostro Vescovo. E un sacerdote era disponibile per le confessioni.
E’ doveroso dire che l’intero ritiro non avrebbe dato gli esiti avuti se a far da contorno non ci fosse stata quell’aria familiare che ha fatto sì che ognuno di noi si sentisse a casa propria, con i compagni di strada più giusti per quell’esperienza. Il confronto, la preghiera, i pasti, la preparazione di questi, persino le pulizie sono stati vissuti tutti in comunione e con il sorriso sui volti. Ci siamo sentiti subito a casa, certi che potevamo parlare senza timore, che potevamo fidarci e affidarci all’altro.
La domenica si è conclusa con la messa. Prima che questa iniziasse, il mio sguardo è andato un po’ più in alto: alla parete era stato appeso il cartellone sul quale la sera precedente avevamo scritto cosa per noi significasse “vocazione”. D’un tratto ho capito: il cartellone era pieno di parole, sembrava non se ne potesse aggiungere più nessuna perché tutto era stato scritto, e invece mancava forse la parola più importante. Come non ci eravamo arrivati prima?! La mongolfiera – i pesi – la chiamata… La Vocazione della quale si parlava non era altro che quel volo che fino a quel momento non eravamo riusciti a spiccare!
Vocazione=Volo… E finalmente ci era tutto più chiaro. Stavamo aprendo gli occhi, o forse le ali! La mongolfiera era volata via, liberata dalle zavorre. E noi eravamo pronti a buttarci dietro le spalle ogni nostra paura per “spiccare il nostro volo”? Abbiamo gettato quelle zavorre sulle quali avevamo scritto cosa ci tratteneva e un’ala è apparsa sulle nostre spalle. Una sola, per non dimenticarci del compagno che ci sta accanto: solo insieme potremo volare. E noi lì eravamo finalmente pronti per farlo insieme. Da quel momento, ragazzi, ci aspetta il nostro volo personale e di gruppo: voliamo per portare in alto qualsiasi persona che incontreremo sul nostro cammino. Grazie AC!
Eva Vitagliano