Io so, Padre,
perché ti sono figlio.
Un figlio voluto con amore,
teneramente concepito e pensato
da un tempo immemorabile,
dato alla luce e chiamato per nome
con giubilo festoso.
Un figlio con ogni cura seguito,
anche quando è affidato
ad altre mani premurose.
Un figlio cercato in ogni abbandono,
anche quando per sua iniziativa
si è perduto.
Un figlio generosamente consegnato
alla libertà
e alla responsabilità
che lo rendono uomo e donna.
Tu sai bene, mio Dio,
che spesso gli eventi del tempo
mi allontanano da te.
Eventi a volte difficili
e al limite delle mie capacità di volere
e di intendere.
Quando la durezza degli accadimenti
mi turba,
quando la tua apparente distanza
mi ferisce e mi svuota,
allora le forze mi abbandonano
e la speranza si indebolisce
fino a venire meno.
In quei momenti sono molto fragile
ed esposto alla tentazione di cedere
all’angoscia del tempo che mi sfugge,
dove l’immagine di una fine
che incombe inesorabile
prevale su quella del compimento
che si avvicina.
Invece di affrontarla e di vincerla,
sono tentato di rimuovere l’angoscia
con l’ossessiva cura del mio corpo,
con la fuga dalla povertà
e dalla malattia dell’altro,
con lo stordimento dei sensi
e l’indurimento del cuore.
Ogni giorno scorgo
i segni drammatici
di una spirale perversa:
nell’avidità che requisisce
i beni della terra,
abusa del potere e della ricchezza
e in molti modi condanna a morte
l’altro uomo
con pretestuose ragioni.
Ragioni e pretesti che essa trae,
per giustificarsi,
da ogni dove:
dalla storia e dalla scienza,
dalla politica e dall’economia,
dalle filosofie e dalle religioni.
Ragioni e pretesti
che sono come pietre tombali
per chiudere il cuore
dentro un sepolcro di solitudine.
Eppure, mio Signore,
non mi è possibile pensare
ad alcuna buona ragione
per respingere il tuo vangelo.
Non riesco a vedere un tempo più perduto
di quello che impiego per resistergli.
I segni della sua Verità sono semplici,
trasparenti, alla portata di tutti:
i ciechi vedono, gli zoppi camminano,
i prigionieri sono sciolti,
per i peccatori c’è riscatto,
ai poveri viene comunicata
una buona notizia.
Non riesco a immaginare nessuno
che possa sentirsi escluso:
per quanto ferita, sbagliata,
marginale possa apparire
la sua vita ai suoi stessi occhi.
Il mio cuore esulta pensando
che la dignità dell’essere umano
e la bellezza del mondo
sono oggetto della tua ostinata fedeltà
e della tua inesauribile cura.
Io confido
nella forza della tua protezione
e con ogni timore e tremore
spero nella potenza del tuo riscatto
per il tempo dell’uomo e della donna.
Io ho imparato da te
che un tempo libero dal male
è reso accessibile per ognuno
soltanto dall’amore
e dalla fedeltà che lo accompagna.
La qualità della vita che vi si schiude
è decisa dall’apertura del cuore
alla tua sapienza.
So che questo tempo è vicino, è qui.
Già ora esso preme
affettuosamente su di noi
nella contemplazione dei tuoi segni:
nell’esultanza che accompagna
ogni sconfitta del male,
nella fermezza che vince la prevaricazione,
nella tenerezza che si prende cura
di ogni debolezza.
La moltiplicazione del male non ha futuro,
la mediocrità interessata non ha speranza
di poter prolungare la sua sopravvivenza
a spese dei puri di cuore,
degli operatori di pace,
degli appassionati per la giustizia;
e con essa, ogni egoismo religioso
chiuso nel proprio privilegio
ogni parassitismo economico
chiuso nel proprio benessere
ogni calcolo politico
chiuso nel proprio dominio.
Se io, Signore,
tendo l’orecchio
e imparo a discernere i segni dei tempi,
distintamente odo i segnali
della tua rassicurante presenza
alla mia porta.
E quando ti apro e ti accolgo
come ospite gradito nella mia casa
il tempo che passiamo insieme mi rinfranca.
Alla tua mensa divido con te
il pane della tenerezza e della forza,
il vino della letizia e del sacrificio,
la parola della sapienza e della promessa,
la preghiera del ringraziamento
e dell’abbandono nelle mani del Padre.
E ritorno alla fatica del vivere
con indistruttibile pace.
Il tempo passato con te
è sottratto alla morte.
Adesso, anche se è lei a bussare,
so che sarai tu a entrare.
Abbiamo tutto il tempo che vogliamo
per esplorare danzando
le iridescenti tracce
della Sapienza dei mondi.
E infiniti sguardi d’intesa
per assaporarne la Bellezza.
Card. Carlo Maria Martini (preghiera finale- lectio magistralis- festival biblico 2012)