Il messaggio quaresimale inviato dal vescovo di Caltagirone mons. Calogero Peri alla diocesi è una fotografia della condizione umana.
«Questo poi vi dico, fratelli: il tempo ormai si è fatto breve» (1 Cor 7,29). È una densa riflessione sapienziale sul tempo, tra Qoelet e S. Agostino, la Lettera per la Quaresima 2012 indirizzata dal Vescovo di Caltagirone mons. Peri ai fedeli della sua diocesi. Il tema è affascinante e il vescovo calatino non si sottrae al confronto con una problematica che incrocia da sempre il cammino dell’uomo. Per i greci, il tempo, Kronos, è il padre che divora i suoi figli. Tutta la letteratura classica, dal carpe diem di Orazio alla Recherche di Proust, è piena di meditazioni sulla fugacità del tempo. Eppure Agostino nelle Confessioni nota acutamente che, benché tutti siamo convinti di conoscere il tempo, non appena ci chiedono di definirlo, non sappiamo cosa rispondere. L’impostazione della lettera, come è ovvio, ha un taglio pastorale, ma emerge con chiarezza la forma mentis del suo autore, a suo agio con le più ardue tematiche filosofiche che egli sa tuttavia esporre con limpida semplicità. «Spesso – annota Peri – ci muoviamo a partire dall’impostazione, più o meno cosciente, che siamo noi a gestire il tempo, a programmarlo, a disporne, senza renderci conto che non solo passa il tempo, ma anche e soprattutto passiamo noi». Il nostro è dunque “un tempo ad esaurimento” e «saggezza vuole che ci ricordiamo che c’è stato tempo prima di noi, e ce ne sarà anche dopo. In questo senso il tempo non soltanto si è fatto breve, ma ogni giorno che passa, si fa ancora più breve». Le considerazioni di mons. Peri non intendono intonare un lugubre memento mori, ma essere la fotografia realistica della condizione umana, a partire dalla quale possiamo scoprire nella fine verso cui ci trascina lo scorrere del tempo anche il fine che ridona il senso alla nostra vita precaria: «Dentro il tempo che passa, dentro il suo diminuire, dobbiamo, con un movimento contrario, fare crescere la nostra coscienza, la nostra consapevolezza di ciò che siamo. E quindi: da dove veniamo e verso dove andiamo? Perché, in mancanza di risposte chiare, possiamo almeno coltivare domande precise e sensate. Possiamo cercare punti di riferimento saldi, parole di verità, orientamenti sicuri, e soprattutto possiamo dare ascolto a quanto di più profondo ci parla dentro. A Colui che parla alla nostra intelligenza e ancor prima al nostro cuore». È così che il tempo breve può divenire il tempo bello. Perché davanti a noi sta la luce della Pasqua: il fatto «che il tempo si è fatto breve può acquistare un significato del tutto positivo, che prima non aveva e sembrava non potesse avere. Infatti, che il tempo si è fatto breve significa che la notte è alle spalle e la soluzione è alle porte». La meditazione sul tempo si colora di speranza: «la salvezza è ogni giorno più vicina, più prossima di quanto possiamo immaginare, più vicina di quando siamo diventati credenti». È tuttavia una possibilità che Dio ci offre, lasciandoci «tutta la libertà di prendere la nostra decisione e la nostra direzione. Di credere o rifiutare il suo amore. Di credere che all’amore di Dio e all’amore verso i fratelli, possiamo decidere di affidare sempre e tutta la nostra vita». Di credere che il tempo può essere bello anche per noi. Purché «puntiamo subito ed esclusivamente su ciò che è giusto, santo e bello. Su ciò che merita lode e attenzione, e che pertanto merita anche il nostro impegno e la nostra fatica». Come segno di questo cammino di riappropriazione e risignificazione del tempo, mons. Peri propone due iniziative di solidarietà: dare un contributo straordinario a delle famiglie che vivono con difficoltà la crisi odierna e contribuire a creare un centro di accoglienza per bambini malnutriti e con problemi a Nyololo in Tanzania.
Giacomo Belvedere
p.s.: pubblicato in “Il Sette e Mezzo”, 5 marzo 2012, p. 15.