Benedetto XVI e il nascondimento perduto

Nel suo capolavoro “Il piccolo principe”, Antoine De Saint Exupery ci ricorda che “l’essenziale è invisibile agli occhi”. Oggi sembra fargli eco Benedetto XVI con il suo nuovo, sconvolgente annuncio – “Starò nascosto al mondo” – che rischia di perdersi nell’inevitabile clamore mediatico di una Roma già rutilante di cardinali, turisti e cineoperatori per il conclave e l’elezione del nuovo papa.

Pronunciate davanti ai sacerdoti della capitale, commossi dal loro “superiore” che va deponendo tutti i segni del suo comando tranne quello del “verbo” che si rivolge al cuore, queste altre “inaudite” parole del papa che se ne va, sono un segno di contraddizione in un tempo che ha fatto della cultura dell’esserci e dell’apparire il tratto fondante della sua fragile identità.

Nella società dello spettacolo, dove l’abito ( con altri accessori) fa decisamente il monaco, è spuntato a sorpresa un papa che ha provato a squarciare il velo del culto dell’immagine a ogni costo e a rilanciare una parola, il “nascondimento”, finita da un pezzo tra i valori fuori corso.

L’idea che si possa vivere meglio rinunziando all’ambizione, al trambusto della vita associata, ai divertimenti collettivi e perfino alle soddisfazioni della vanità, è assurda. Invitare al lathe biosas (vivi nascosto) di Epicuro è una scandalosa “bestemmia” per l’uomo che sente di esistere solo se appare.

Silenzio, deserto, contemplazione, rinuncia, riflessione, preghiera sono parole che sembrano non far più parte dello stesso vocabolario di un mondo che mostra di voler declinare solo i verbi della ricchezza, dell’onore, del potere, della soddisfazione degli istinti.

Nel gesto profetico dell’uomo che si è riscoperto solo al comando di una Chiesa che vacilla nella modernità, c’è una carica etica “laica” e un forte segnale di mutazione antropologica di cui forse capiremo il profondo significato solo tra molti anni.

Valentino Losito