Dal giorno della sua elezione, il 13 marzo 2013, Papa Francesco, il vescovo di Roma venuto dalla “fine del mondo” ha detto tantissime cose e compiuto tantissimi gesti. Tutti significativi. Facciamo alcuni esempi per rinfrescarci la memoria… Ha formato il Consiglio di otto cardinali da tutto il mondo per dargli suggerimenti e consigli sulla riforma della Curia Romana. Ha tolto il “bonus” di 25mila euro all’anno ai cinque cardinali incaricati di sovrintendere allo IOR. Ha devoluto in opere di bene la gratifica normalmente distribuita ai dipendenti vaticani quando si elegge un nuovo papa. Si è incontrato con il Prefetto della Fede, Gerhard Müller, ed ha dato due annunci: il primo, la lotta agli abusi sessuali nella Chiesa continuerà sulla linea di rigore voluta da Ratzinger; il secondo, sul problema delle deviazioni dottrinali e di comportamento delle suore americane della Leadership Conference Women Religious (LCWR), ha approvato la “valutazione critica” nato dopo la visita apostolica, e il sostanziale commissariamento della LCWR. Ha accettato la rinuncia di un vescovo sudafricano prima della scadenza del mandato, – come ha fatto Benedetto XVI in più di 80 casi – in base al paragrafo 2 del Canone 401 del Codice di Diritto Canonico. Un articolo che spesso viene usato quando ci sono problemi. Ha fatto due nomine importanti di vescovi negli Stati Uniti, entrambi di linea “tradizionale”. Michael Jackels di Wichita è diventato vescovo di Dubuque, e monsignor John Folda vescovo di Fargo, dove ha presto il posto di Samuel Aquila, spostato a Denver. L’immagine che finora papa Francesco proietta è quella di un uomo sobrio, silenzioso e determinato, che vuole una Chiesa più sobria e sensibile alle critiche e al giudizio del mondo in tema di finanze e morale. Un uomo che da un punto di vista dottrinale e di disciplina appare in totale sintonia con il suo predecessore, ma molto più energico nella risoluzione dei vari problemi della Chiesa universale.
Allo stesso tempo Papa Francesco ha portato una ventata di giovinezza e di futuro già con il suo discorso e i suoi gesti immediatamente dopo l’elezione: per la Chiesa in ogni parte del mondo l’elezione di Papa Francesco è stata una scossa di fiducia, energia spirituale, rinnovamento. Una grande boccata di ossigeno che è arrivata a tutti e della quale tutti dobbiamo essere grati, un momento di profonda emozione spirituale e religiosa. Per l’Italia intera e per Roma, in particolare, questo pontefice è un «grande dono»: il fatto che Francesco usi preferenzialmente il titolo di vescovo di Roma, per esempio, favorisce certamente i rapporti ecumenici, specie con le chiese ortodosse, ma, al di là di questo, ci fa toccare la vera essenza del ministero di Pietro che a Roma, come vescovo, ha versato il suo sangue, testimoniando con il martirio la sua fede, e ha confermato i fratelli nella fede. E di fronte agli oltre 200mila fedeli presenti alla messa di Pentecoste, per la Giornata dei movimenti, delle nuove comunità religiose, delle associazioni e delle aggregazioni laicali, ha definito Piazza San Pietro “un Cenacolo a cielo aperto”, invitando i presenti a domandarsi: “Siamo aperti alle sorprese di Dio? O ci chiudiamo, con paura, alla novità dello Spirito Santo? Siamo coraggiosi per andare per le nuove strade che la novità di Dio ci offre o ci difendiamo, chiusi in strutture caduche che hanno perso la capacità di accoglienza?». Un papa dunque che ci sprona ad uscire e a non essere “dogana pastorale” in cui si stoppano le persone in entrata… «La novità – osserva il Pontefice – ci fa sempre un po’ di paura, perché ci sentiamo più sicuri se abbiamo tutto sotto controllo, se siamo noi a costruire, a programmare, a progettare la nostra vita secondo i nostri schemi, le nostre sicurezze, i nostri gusti. E questo avviene anche con Dio». «Spesso – spiega – lo seguiamo, lo accogliamo, ma fino ad un certo punto; ci è difficile abbandonarci a Lui con piena fiducia, lasciando che sia lo Spirito Santo l’anima, la guida della nostra vita, in tutte le scelte; abbiamo paura che Dio ci faccia percorrere strade nuove, ci faccia uscire dal nostro orizzonte spesso limitato, chiuso, egoista, per aprirci ai suoi orizzonti». «In tutta la storia della salvezza – ricorda però Francesco – quando Dio si rivela porta novità, trasforma e chiede di fidarsi totalmente di Lui: Noè costruisce un’arca deriso da tutti e si salva; Abramo lascia la sua terra con in mano solo una promessa; Mosè affronta la potenza del faraone e guida il popolo verso la libertà; gli Apostoli, timorosi e chiusi nel cenacolo, escono con coraggio per annunciare il Vangelo». Dunque, ragiona il nuovo Papa, « La novità che Dio porta nella nostra vita è ciò che veramente ci realizza, ciò che ci dona la vera gioia, la vera serenità, perché Dio ci ama e vuole solo il nostro bene». Apriamoci allora alla novità di Dio e alle novità di Francesco. L’AC sarà con te! Duc in altum, papa Francesco!
Margherita Marchese